Nell'area archeologico-monumentale della Pieve del San Vitale sono organizzate dall'associazione Bailando attività di esplorazione a carattere storico e culturale del sito, con particolare attenzione però al territorio ampio in cui essa è incastonata – in particolare ai cammini antichi quali via Matildica del Volto Santo e sentiero Spallanzani. Anche in collaborazione con altre associazioni del territorio, sono realizzate iniziative di valorizzazione culturale, come seminari, concerti, convegni.
Inoltre, sono disponibili laboratori didattici, realizzati in prospettiva multimediale, e adattabili alle scuole di ogni ordine e grado, che unendo l'analisi dei reperti del Museo Lapideo (cuore della Pieve), documenti antichi e pratiche di storytelling, accompagnino gli studenti alla scoperta del territorio attraverso la lente della storia.
Sul fronte della ricettività, l'antica canonica è stata mirabilmente recuperata e trasformata in ostello, capace di accogliere sino a capienza di 30 ospiti, con annesso ristorante. In particolare, quest'ultimo si caratterizza per l'offerta di piatti prevalentemente legati alla gastronomia tradizionale, in ogni caso realizzati con materie prime di alta qualità e a chilometro zero.
Pieve di San Vitale e Museo in breve:
I primi abitanti socialmente organizzati di quest’area furono, sin dal VI secolo a.C., i Liguri Verabolensens - definizione spregiativa, data dai nemici romani - che li identificava come “lanciatori di giavellotti”. Essi elessero il monte Letum (San Vitale) a fulcro politico-amministrativo-militare del “dipartimento” che abbracciava l’intero Appennino reggiano e modenese. Proprio in questo luogo, divampò la guerra in cui i Liguri furono trascinati dai Romani a partire dal 256 a.C., e che li vide sconfitti nel 176 a.C..
Tra il VII e il IX secolo d. C., invece, approdarono poi qui i Bizantini. Religiosi e giuristi, inviati dal vescovo di Ravenna, portarono in questi luoghi non soltanto il Cristianesimo, ma anche il diritto e l’arte della lavorazione della pietra. Nella radura, a monte del castrum difensivo, fu così edificata una Pieve - ovvero una “chiesa madre” rurale - dedicata a San Vitale, intitolazione che si estese, nella cultura popolare, anche al monte che la ospitava. In seguito, per espressa iniziativa di Matilde di Canossa, la Pieve, dopo secoli di incuria, divenne per i successivi secoli uno dei perni dell’organizzazione religiosa, giuridica, culturale e sociale dell’Appennino reggiano. Attorno al 1105 furono avviate opere di ricostruzione della struttura, che si ergeva in posizione differente rispetto all’edificio di culto bizantino, coinvolgendo maestranze che avevano operato anche al duomo di Modena. La consacrazione della nuova chiesa ebbe luogo il 29 agosto del 1145. Il Seicento, tuttavia, segnò l’inizio del declino per la Pieve matildica. L’antistante canonica di matrice bizantina fu infatti trasformata in un palazzo signorile, utilizzando anche materiali di pregio provenienti dalla Pieve stessa. Ecco perché l’ostello e l’annesso ristorante possono essere considerati essi stessi un bene culturale, risultando parti integranti e testimoni silenziosi della travagliata storia di questo luogo. Il museo lapideo, ricavato all’interno della Pieve matildica e concepito in ottica multimediale, diventa inoltre un ulteriore presidio didattico estremamente suggestivo per la varietà di frammenti che racchiude e per la loro profondità storica.