C’è chi ha lasciato la città ed un rassicurante ufficio per trasferirsi in una casa nel bosco, tra animali e campi da coltivare. Chi ha scelto di ritirarsi su un angolo di Appennino per accogliere gente di tutto il mondo nella quiete della campagna. Chi ha trasformato un casolare diroccato in una residenza d’artista, chi ha recuperato una storica cantina e chi ha preso spunto dalle tradizioni della nonna per dare origine ad una pasticceria d’autore in un piccolo borgo di montagna. L’Emilia è ricca delle storie delle persone che hanno avuto il coraggio e l’intraprendenza di cambiare vita. Persone che hanno trovato tra gli scenari naturali delle province di Parma, Piacenza e Reggio Emilia, i luoghi ideali per reinventarsi, seguendo ideali e talenti.
Graziella Urso e Mauro Turini avevano un’agenzia di pubblicità vicino Milano, ma spinti dall’amore verso gli animali hanno deciso di lasciare la città e provare una nuova vita in Val di Taro. Qui tra i boschi e il paesaggio dell’Appennino emiliano hanno aperto nel 2000 l’Agriturismo Ca’ Bianca di Ostia Parmense, casale in pietra, oggi con piscina, da cui ammirare la vallata e concedersi il meritato riposo. Dopo corsi di formazione e tanto impegno hanno cominciato a coltivare. Oggi coltivano un grande orto, da cui nascono la frutta e la verdura che arricchiscono i loro piatti, ospitano turisti, producono marmellate, biscotti che vendono anche online, tra alberi di albicocche, ciliegie, prugne e mele, galline ovaiole, cavalli, due asinelle, un pony, cani, gatti.
Chiara Palumbo e Stefano Costa, oggi poco più che quarantenni, vivevano nella provincia di Varese quando si sono lanciati in una nuova avventura. «È successo quello che capita nei film – racconta Chiara -. Un giorno, quasi per scherzo, ci siamo messi a guardare strutture rurali su un sito immobiliare e siamo rimasti colpiti dal casolare che oggi è il B&B Il Pozzo e La Macina di Bardi (PR). Chiara a quel tempo lavorava come guida turistica e pur vivendo sul Lago Maggiore era innamorata degli spazi e della natura degli Appennini. Stefano ha origini emiliane da parte di padre, che ha una casa di famiglia. Quando sono partiti per la Valceno ha spostato la sede del suo tour operator nel B&B immerso nella campagna, in quella che un tempo era la stalla del casolare. La struttura, risalente al periodo tra il XVIII e il XIX secolo, ospitava un mulino da grano (qui ora c’è la casa di Chiara e Stefano) ed una fornace per mattoni e calce, dove sono state ricavate le camere per gli ospiti. Intorno si spandono i profumi delle erbe officinali e c’è il particolare orto rialzato a cassoni costruiti con assi di legno in disuso recuperate da un caseificio di Parmigiano Reggiano creato da Chiara, che coltiva, con metodi sostenibili, la frutta e gli ortaggi che arricchiscono le tavole o si trasformano in chips, tisane e infusi. Il Pozzo e La Macina è anche un home restaurant dove assaporare ricette a km zero e pasta fatta a mano. Una nuova vita in continua evoluzione.
Marco Profumo lavorava a Milano come consulente informatico. Sua moglie Silvia Mandini in un’azienda dedicata alla comunicazione medico-scientifica. Quando è nata la seconda figlia hanno trascorso l’estate sulle colline piacentine, pensando così di mollare tutto ed andare a vivere tra i vigneti. Sono approdati a Ziano Piacentino (PC), dove si sono innamorati delle Cantine Mossi, azienda storica che affonda le radici nel 1558 e l’hanno acquistata. Ripercorrendo la storia di 14 generazioni di vignaioli, la famiglia Profumo oggi coltiva e produce varietà vitivinicole tradizionali del territorio emiliano, tra cui Barbera e Croatina per i vini rossi, Ortrugo e Malvasia di Candia Aromatica per i vini bianchi. Negli ultimi decenni si è presa cura della Malvasia Rosa, una varietà molto rara prodotta soltanto da tre cantine in tutto il mondo, il vino preferito di Marco. In azienda è presente anche il Museo Contadino con una ricca collezione di strumenti e macchinari agricoli ed enologici.
È invece partito da Genova Alessandro Traverso per ritornare nei luoghi delle sue radici, in Val Trebbia. Quando era bambino amava trascorrere del tempo con la nonna Luisa nelle campagne dell’alta valle, tra contadini, mucche, sapori e odori di fieno e soprattutto gli aromi dei suoi dolci tradizionali. A 22 anni, seguendo quei profumi, è tornato in Val Trebbia, e dopo aver imparato ad impastare in un panificio, ha aperto un negozio ad Ottone (PC), paese a mezz’ora da Bobbio e non lontano dalla Liguria, in quello che era un garage delle corriere abbandonato. Qui si è specializzato come pasticcere, recuperando le ricette della nonna per farne dolci d’autore. Le delizie che oggi vengono prodotte dall’Antico Mulino di Ottone, nome che prende ispirazione dal mulino del paese risalente al 1200, - dai biscotti ai pasticcini, come i canestrelli, la schiacciatina, dolci della tradizione, torroni con il miele locale - si fanno a mano, come una volta. Venire qui è come sedersi al tavolo di un’antica cucina di campagna. L’attività di Alessandro coinvolge tutta la famiglia: la moglie Patrizia, che ha conosciuto come commessa e con la quale condivide la vita e il lavoro da 26 anni, i figli Davide e Daniel che sa già mettere bene le mani in pasta, Sara, la compagna del figlio che si occupa della comunicazione social. Dal market e la pasticceria, l’Antico Mulino si è poi ampliato come gelateria e caffetteria.
Angela Viola è un’artista palermitana, Marco Vianello viaggia tra l’Italia e l’Olanda per lavoro. Si sono conosciuti a Milano nel 2015 ed insieme hanno deciso di cambiare vita, allontanandosi dalla città. Durante un giro in moto sull’Appennino reggiano hanno trovato un casolare in vendita e nel giro di un anno si sono trasferiti. «Pensavamo di creare un B&B, ma anche un luogo in cui realizzare uno studio di artista. Il casolare risale al 1882. Un tempo era la locanda del paese. Non sapendolo abbiamo ereditato una storia», racconta Angela, svelando le origini di quella che oggi è La Bottega 13 B&B del piccolo borgo di Cereggio, a Ventasso (RE), da cui ammirare la Pietra di Bismantova. Un b&b che è anche una residenza d’artista. Gli artisti arrivano da ogni angolo del pianeta e fanno esperienza dei luoghi dell’Appennino reggiano, partecipano ai corsi di pittura all’aria aperta, o diventano protagonisti del festival Venti Contemporanei organizzato da Angela o magari della rassegna AltreterRE, che li vede impegnati nel creare opere che si integrano nel territorio emiliano.
Arianna Ceccardi è nata a Bergamo e fino a quattro anni fa era sempre vissuta lì. Lavorava come architetto libero professionista quando ha deciso di tornare nei luoghi in cui trascorreva i fine settimana con la famiglia, per prendere le redini del Rifugio Carpe Diem di Ligonchio (RE), a 1579 metri di altitudine tra i paesaggi del Monte Cavalbianco sull’Appennino Reggiano, dove c’è il Passo della Pradarena. Negli anni 2000, i genitori hanno investito in un’azienda agricola che alleva vacche chianine nella zona ed hanno acquistato il rifugio, dandolo in gestione. Poi, nel 2017, è arrivata Arianna: «Ho lasciato tutto e mi sono rimessa in gioco – racconta -. Nonostante le tante difficoltà, sicuramente la qualità della vita è migliorata, grazie al contatto con la natura». Nel rifugio, che comprende un albergo, un bar e un ristorante, come 50 anni fa, Arianna ospita la gente che scappa dal caos urbano per immergersi nelle bellezze naturalistiche dell’Appennino e partecipare a trekking tra le cime. I visitatori restano piacevolmente colpiti anche dai piatti tipici della cucina emiliana e toscana, preparati con prodotti locali e dell’azienda agricola familiare, e carni di chianina allevate con metodo bio. Il prossimo progetto è quello di creare una fattoria didattica.